MelaNon sono sicuro di essere un animale, ma mi piace pensarlo. In cuor mio, in fondo, credo di esserlo.

E gli animali sono tali solo dopo aver soddisfatto i propri stimoli. O meglio, lo sono anche prima, ma in maniera diversa. Solo dopo aver assopito il bisogno animalesco dell’appetito posso rendermi conto di ciò che voglio. Tutto ciò che mi separa dalla prossima concezione animalesca della vita è un pasto, magari caldo. A stomaco pieno il sonno inizia a vivere nella nostra mente. Ecco, credo che gli animali non abbiano sonno, dormono in libertà, come e dove vogliono; oserei quasi dire che dormono quando ne hanno voglia. L’uomo invece, deve dormire la notte, concezione ridicola questa. Siamo ancora convinti che si debba dormire la notte, ma abbiamo prodotto oggetti e impianti di natura elettrica che illuminano a “giorno” la notte stessa.

Per quale motivo se poi dobbiamo dormire la notte. Diciamo che al netto della questione non importa se sia giusto vivere la notte o il giorno, sarebbe già qualcosa iniziare a vivere. Concezione strana quella di vivere, mi sembra che tutti si preoccupino più di un pasto caldo che del concetto di vivere. Un giorno magari morirò di fame, pazzo e solo sotto un temporale estivo, ma morirò da vivo, anche se con la pancia vuota. Ultimamente, come avrete immaginato, mangio da schifo e salto spesso i pasti: ho scoperto che bere alcolici a stomaco vuoto fa male, molto male, però riesco a tirare le due di notte lo stesso, poi i crampi allo stomaco mi fanno mangiare merendine di poco gusto nel pieno del buio della mia cucina. Sono una persona fortunata, di questo ne sono certo. E sono molto duttile, l’ho scoperto sulla mia pelle. Posso parlare di tutto, raccontando verità e falsità sul conto di qualsiasi storia.

Prendiamo una mela. So che cresce anche in montagna, non troppo in alto, e che è il frutto dell’amore biblico. So che era il simbolo dei Beatles, so che è il simbolo di un inutile, ma di tendenza, produttore di computer. So che una al giorno leva il medico di torno, so di esserne allergico, so che Newton l’ha presa in testa e ha capito la forza di gravità. So che se divisa a metà sembra assomigliare all’organo riproduttivo femminile, certo non così bene come un fico. So molte cose di cui non parlerò mai sulla mela. I ricordi di gioventù e infanzia legati alle mele, alle torte di mele e chissà quante altre cose. Il senso del discorso è che ora mi sento di essere vivo e vivo grazie alle mele. O alle radio d’epoca. O alle stelle di giorno. So che Galileo è morto, e non perché è davvero sotto terra, ma perché Galileo non esiste più nella nostra storia: non fa parte del nostro bagaglio culturale. Che voi ci crediate o meno queste parole le ho scritte in 7 minuti.

Le mani corrono, gli occhi di meno. Il cervello (hardware), la parte tangibile della mente (software direbbero gli americani), va ancora più veloce. Servirebbero le mani di Puskin per scrivere poesie, ma le mani di un dio per scrivere ciò che pensiamo; in questo Joyce è stato maestro, il monologo della puttana (puttana era per H.Miller) Mollybloom è davvero eccezionale. E’ quanto di più straordinario abbia mai scritto un uomo cercando di rallentare, a piacimento, la velocità del pensiero. Sono affascinato da tutto questo. Credo non ci sia nulla di più affascinante in letteratura del monologo della puttana perché in realtà non è un monologo, ma è una mela che cadeva verso la testa di Newton. E non cadeva alla velocità dettata dalla forza gravitazionale, che probabilmente nemmeno esiste, ma cadeva alla velocità che il suo creatore, Joyce, ne aveva voluto dare. Un po’alla volta l’ha staccata dal ramo, ne ha scelto la traiettoria di caduta e ne ha stabilito i tempi. Difficile stabilire i tempi della mente, impossibile forse. Impossibile per me, non per lui. L’ha fatto. Io osservo le mele e siccome non sono capace di vederle cadere me le immagino nella cassetta. O nella cassetta della posta: è uguale, devo vederle ferme per afferrarle. Mi manca questo passaggio. Le anfetamine forse mi darebbero una mano, ma non so nemmeno dove le vendono e poi non credo sia una soluzione; quelle cose devastano (dicono i medici). E siccome non riesco ad immaginare l’uso della mia mente per farmi cadere in testa una mela mi accontento di prenderla dalla sua posizione statica di “concentrazione” in cassetta. La divido in due, la osservo, è gialla. Metà la mangio io, l’altra dividetevela voi. Buon appetito.

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