Occhio StellaHo toccato le stelle con le mie mani. Erano fredde, gelide. Ho sempre pensato che fossero incandescenti come il sole, ma mi sbagliavo. Sono fredde come il buio della luna. Le ho toccate con facilità, mi è bastato alzare le mani verso il cielo senza pensare di farlo. Erano lì e si sono lasciate toccare. Ripeto, erano gelide. Però è stata una bella sensazione.

Le stelle sono rugose, irregolari e non sono per niente appuntite. Sono rotonde con buchi sparsi qua e là, come la luna. No, la luna non sono riuscito a toccarla, scappava verso il sole. Poi una stella, bella come un fiume dopo una nevicata abbondante, si è avvicinata molto di più rispetto alle altre e io, senza pensarci, ci sono salito sopra. Era bianca, quasi gialla, ma non dava l’idea di una cosa sporca, infatti era pulita come la luce. La stella si è alzata e io seduto sopra di lei ho volato. Andava veloce, ma i miei capelli non si muovevano nemmeno di un millimetro. Non sentivo il vento sulla mia pelle. Non ero più sulla terra, stavamo andando verso Saturno e l’etere si spostava appena quando noi passavamo. Sembrava che volesse farci passare senza opporre resistenza. Come facevo a stare seduto su di una stella?

Facile, era piccola, come un cavallo. Non era una stella qualunque, era la mia e mi stava portando dove voleva. Non parlava, ma mi ascoltava volentieri. Sentivo che quando le dicevo qualcosa di carino lei accelerava, quasi sembrava che si girasse a guardarmi. Intanto proseguiva sulla sua strada.

Perché voleva portarmi a Saturno? Non capivo, ma viaggiare su di lei mi sembrava mitico, fantastico. Arrivammo, pensai di scendere ma la stella si mosse. Allora restai fermo e quella riprese la sua strada lentamente. Un momento, pensai, per tutto il viaggio non avevo mai respirato. Era stato un viaggio istantaneo forse? Provai a respirare, non riuscii.

L’agitazione prese il sopravvento e per un momento mi sentii scoppiare la testa. Svenni. Una volta ripresi i sensi continuavo a non respirare. Ormai non ero più sicuro di aver mai respirato nella mia vita; se fosse stata un’illusione quella del respirare continuamente? Non so, non ero sicuro nemmeno di essere sveglio, provai a pizzicarmi una gamba ma non mi svegliai, o meglio, capii che ero già sveglio. Ero sempre seduto sulla stella. Eravamo fermi. Di fronte a noi non c’era niente; solo una spianata infinita di sassi di forma e colore irregolari. Non c’era niente di simile sulla terra che mi aveva dato le origini. Restai incantato. Per quale motivo la stella aveva voluto farmi vedere il vuoto? Chi era quella stella? Cosa voleva da me? Perché Saturno? Quale forza la spingeva verso il silenzio di quell’ambiente desolato?

Nella mia testa le domande si scavalcavano tra loro per arrivare come prime alla mia ragione. Dentro di me solo confusione: non respiravo, ero seduto su di una stella che non sembrava più nemmeno troppo fredda, ero a migliaia di parsec da casa mia, o almeno da quell’ambiente che credevo fosse casa mia. Mi sentii smarrito, parlai con la stella e lei sembrò capire, ma non proferì parola; in quell’istante volevo tanto che le stelle parlassero. Piansi. Improvvisamente la stella si mosse e viaggiò veloce ripercorrendo lo stesso percorso che avevamo appena fatto ma in senso inverso. La strada era segnata da una scia bianca, quasi gialla. Capii subito che si trattava di quelle scie da stella cometa, ma non era una cometa quell’entità dove ero seduto. Avevo sempre creduto che solo le comete lasciassero dei segni nel cielo una volta entrate nella nostra atmosfera, invece compresi che tutte le stelle, nel muoversi, lasciavano un segno. Pensai che non avessero memoria e che quindi usassero questo trucchetto per ricordarsi le strade percorse. Mentre viaggiavamo verso casa però mi accorsi guardando nell’universo che mi circondava che solo una stella era passata di lì, solo una. La mia. Le stelle sono immobili, mi dissi. Le stelle si muovono, corressi subito. Del resto ero seduto su una di loro, non potevo credere nella loro immobilità. Arrivai alla mia finestra, la stella si fermò. Scesi. Respirai.

Mi girai per ringraziare la stella ma questa se ne era già andata. Frastornato mi diressi verso la mia scrivania, presi la sedia, accesi la lampada e respirai profondamente. Non avevo sognato. Avevo visto qualcosa, ma cosa? Chi era quella stella? Cosa voleva da me? Presi un foglio di carta, una penna e inizia a scrivere delle frasi senza senso che mi aiutassero a comprendere cosa mi fosse successo: Ho toccato le stelle con le mie mani. Erano fredde, gelide. Ho sempre pensato che fossero incandescenti come il sole, ma mi sbagliavo.

Sono fredde come il buio della luna…

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