Ho sentito il profumo delle stelle. Non me ne sono reso conto subito. La notte è strana, ci inganna. Eppure quel profumo così acre, tremendamente dolce, si è fissato nella mia memoria olfattiva. Nemmeno il profumo delle donne che ho amato era tale da farmi mancare il fiato. Confucio diceva che le stelle sono buchi dai quali filtra la luce dell’universo, ecco, io non so se davvero sia così, ma ora so che sono profumate.
Più della lavanda, più dei prati in fiore. I profumi non hanno dimensioni, ma hanno distanze proprie. Sono come le stelle: distanti e forti. Giganteschi buchi profumati. I profumi si devono guardare, hanno sede negli occhi, non nel naso. Di questo ne sono sicuro. C’è più profumo nella pupilla di un occhio innamorato che nella boccetta dell’acqua di colonia. Il cielo, quindi, è una profumeria infinita che si colora di blu, d’azzurro, di rosso al tramonto e di bianco al mattino. Grigio quando nevica, nero quando prepara un temporale. Giallo è il profumo dei fulmini.
Odore veloce il loro, istantaneo, passeggero. E le nuvole? Profumi morbidi che corrono negli spazi aperti. Anche loro senza dimensioni: una volta piccole, una volta grandi, una volta piatte, una volta rotonde come disegnate da un bambino. Osservo il cielo e penso che non saprò mai cosa sarà, ma capisco che c’è il sole e che questo serve alle piante: la fotosintesi, dicono i tecnici. Capisco che sta per piovere quando l’odore della polvere si solleva e va a congiungersi con quello delle nuvole. A Los Angeles i temporali sono abbondanti, la valle dell’Eden è rigogliosa grazie a questi scrosci impetuosi. A volte piove per giorni interi; l’autunno, dicono i tecnici. E per giorni lo stesso profumo: polvere, acqua, terra bagnata. Poi il sole, poi di nuovo la notte con le sue stelle. Infinite, distanti. Qualcuno dice che sono distanti migliaia di anni luce, ma perché ostinarsi a misurare la distanza? Le vediamo, perciò esistono, le annusiamo guardando in alto e ne percepiamo le intenzioni. Sono le 13,44. sono in ufficio da quasi due ore. E’ un luogo chiuso, senza finestre sul mondo, e di conseguenza senza finestre verso il cielo. Oggi sono libero, libero di respirare il profumo della primavera che il cielo mi ha regalato. Oggi non c’è il sole e sembra di respirare un odore che qualche giorno fa non esisteva.
Tra poche ore la luce se ne andrà e percorrendo migliaia di anni luce andrà a rifugiarsi nelle stelle e noi le vedremo di nuovo. Anche la notte passerà, e noi torneremo a sognare le stelle non appena il sole le oscurerà. Ma anche quando non ci saranno più e noi non le vedremo ne potremo sempre sentire il profumo in due modi diversi: il primo modo consiste nel cercare di ricordare la sensazione che abbiamo avuto annusandole, il secondo invece sta nel cercare di capire quale sia il loro profumo che sicuramente in questo istante si sta mischiando a quello dei germogli delle piante, delle nuvole lente, del sole stanco dietro queste ultime. Non so se riusciremo a capirlo subito o se dovrà passare del tempo prima di divenire bravi sommelier delle stelle, ma so che nella peggiore delle ipotesi dovremo solo attendere che il tempo giri di nuovo il nostro piccolo mondo verso quei buchi chiari e profumati che fin da piccolo mi hanno insegnato essere le stelle.