Piove. Sono meteoropatico.

Quando piove o sta per venire un temporale mi sento bene. E’ una sensazione strana che non riesco a spiegare con il solo uso delle parole. Dovrei allegare una copia del mio cardiogramma. Cercherò di usare la poche parole che mi sembrano idonee: una sensazione di prurito si fa forte nelle mie vene. Probabilmente in tutte le vene e tutte le arterie del mio corpo ma in modo particolare sento questo “fastidio” all’altezza dei gomiti e delle ginocchia. Mi sembra di sentire cadere la pioggia fin dentro le ossa, e questa pare scorrere nelle vene prima di toccare il tessuto calcificato che regge in piedi il mio corpo.

Questa sensazione mi da libertà mentale. Fa crescere in me una voglia di vivere che nemmeno immagini; probabilmente deriva dal fatto che l’uomo (tutta colpa di Jung) conosce inconsciamente che l’acqua serve alla vita e quindi il mio organismo risponde positivamente ai temporali. Vorrei passeggiare sotto i temporali senza nemmeno un ombrello per ripararmi. Vorrei davvero farlo, magari in tua compagnia mentre i tuoi lunghi capelli giocano con le gocce d’acqua facendole cadere solo averli accarezzati lentamente. Attraversare una piazza sotto uno scroscio primaverile, arrestarsi nel bel mezzo del momento più piovoso, fermarsi un istante a guardarti e baciarti mentre tu mi dici: piove, andiamo sotto i portici.

E io sorrido, non dico mai niente, e non voglio muovermi da lì. Voglio sentire le gocce d’acqua scorrere verso il basso sulla mia schiena. Che terribile sensazione di piacere. Sarebbe bello piangere sotto la pioggia per vedere che fine fanno le lacrime. Si mischiano con la pioggia o cadono separate da tutto il resto? Mi piace quando piove. Mi eccita. Non è un’eccitazione sessuale, ma è proprio come penso possa agire una droga sul nostro sistema nervoso: stimolare le sinapsi grazie ad agenti esterni che al massimo influiscono sulla pressione dei vasi arteriosi. Piovere è come amare. Impossibile capirne il motivo, impossibile ed inutile prescinderne. Bisogna amare, bisogna aspettarsi il temporale.

E i fulmini che accompagnano il delirio temporalesco cosa sono? E i tuoni? Sono i dettagli che rendono sensazionali i racconti. E questi sono i dettagli di un quadro vecchio come il mondo stesso. Piogge acide, pioggie estive, nevicate invernali. Ecco, le nevicate non hanno tuoni e fulmini, ma colorano il cielo meglio di come farebbe una grandinata. E poi la neve si porta dietro il silenzio. Non può nevicare se fuori c’è baccano. E’ una legge non scritta. E’ il suo dettaglio che la rende unica. Tutti abbiamo un dettaglio che ci rende unici. Tu hai gli occhi a macchioline, il temporale ha i fulmini. La neve ha il silenzio. Il sole ha la luce che scalda. Adoro sentire il rumore della pioggia. Adoro girare in moto quando piove. E canto sotto la pioggia mentre guido il mio vespino che va dove vuole andare seguendo una logica tutta sua: le gomme troppo strette per andare diritto, le gomme troppo piccole per avere grip anche sul bagnato; e allora stai attento a non prendere i tombini di ghisa che diventano scivolosi, stai attendo a non andare sulle strisce bianche che delimitano la carreggiata e che ti portano la moto verso l’esterno. Solo uno che ha provato a guidare un vespino sotto la pioggia conosce queste dritte. Gli altri si fermano sotto i tetti dei benzinai. Una volta sotto la grandine ho rotto una giacca a vento. La stessa volta pensavo di diventare sordo a forza di sentire i chicchi di grandine cadere con violenza sul mio casco; per un momento ho voluto fermarmi perché la grandine mi stava spaccando anche le dita delle mani. Ma che soddisfazione fare parte di quell’ambiente in quel momento! Era bello, unico. Ripetibile, ma chissà quando, chissà dove, chissà come. Bisognava sfruttarlo e allora ho continuato andando verso casa lentamente per assaporare il momento. L’acqua scendeva sul mio volto seguendo il profilo del mio naso. Le mani erano rosse a forza di prendere botte dalla grandine. Le ginocchia erano il punto di partenza per bagnare le cosce e i polpacci. Tutta l’acqua che cadeva sul parabrezza seguiva la forma di plastica sulla quale si era appoggiata e poi finiva sulle ginocchia. (Strana invenzione quella del parabrezza: funziona solo con la brezza, ma tutti quelli che non l’hanno mai usato dicono che ripara anche dall’acqua.)

E le orecchie ormai sorde: Toc! Toc! Faceva la grandine sul casco.

E io ridevo, come sto ridendo adesso. Sto scrivendo e sento male alle dita, proprio come se prendessi la grandine sulle nocche delle mani. Vivo di sensazioni e quando piove ne provo una bellissima. Certo non bella come quando ti guardo dritta negli occhi dopo una settimana che non ti vedo; ma altrettanto utile e forte. Sono queste, le sensazioni, che ci fanno conoscere il mondo. Un pezzo alla volta, goccia dopo goccia., raggio di sole dopo raggio di sole. Adesso piove, tra poco, forse, ci sarà il sole. E proverò una nuova sensazione, non così forte, ma sarà bello stare al sole dopo essere stati sotto l’acqua anche se questa volta non mi sono bagnato, ma mi è bastato sentire il rumore della pioggia o il profumo di questa mentre portava via la polvere che il sole aveva lasciato depositare.

Non può piovere per sempre, ma non può nemmeno smettere di piovere per sempre. Tutto si alterna, così come le sensazioni. Oggi è una, domani è un’altra. Dopodomani un’altra ancora. Finchè arriverà venerdì e il sole tramonterà di nuovo. Allora io verrò da te e sarò contento, molto di più di quanto lo sia adesso. Sto fingendo di non sapere che tra pochi giorni verrò da te, voglio che arrivi venerdì e che venerdì sia una sorpresa quasi inaspettata. Sono felice. Sono felice con te. Sono felice per te che mi dici che stai impazzendo a fare una cosa per lavoro. Sono felice perché piove. Sono felice che è già lunedì pomeriggio. Anche questo giorno, così come lo contiamo noi uomini, sta finendo. Poi ne verrà un altro. E un altro ancora, finchè giungerà quel giorno che noi chiamiamo “venerdì”. E venerdì verrò da te e per un momento guardandoti negli occhi avrò la sensazione che il tempo sia fermo, immobile, infinito. Un istante può durare secoli, millenni quando ti guardo negli occhi. Tu mi chiederai a cosa sto pensando e io ti risponderò “a niente”. Sarò scosso; cercherò di pensare a come sia possibile fermare il tempo, fermare il ticchettio degli orologi, il suonare delle campane. E non troverò risposta alcuna, il tempo continuerà a scorrere perché non ci appartiene. Ma se riesco a guardarti ancora negli occhi, magari a caderci dentro, allora saprò che per un istante il tempo si può fermare e un istante, come ti ho già detto, può durare tantissimo nei tuoi occhi.

Piove, sono felice.

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