Che cos’è l’amore? Non lo so, non l’ho mai saputo. Ho sempre creduto fosse il significato di Something dei “The Beatles”, oppure una frase del Fedro di Platone poi mi sono innamorato di lei. Credevo di restare solo, volevo restare solo e mi sono innamorato di una che andrà dall’altra parte del mondo: farà carriera. Carriera, tutto quello che io non ho mai desiderato. Siamo distanti anche culturalmente eppure mi completa. Cos’è l’amore? Forse è fare 500 km per andare da lei a dormire una notte. Forse è partire alle 4 di mattina per farsi trovare sotto casa sua alle 8. forse è comparire con dei fiori quando la porti a cena. Non avevo mai fatto niente di tutto ciò prima d’ora e anche prima credevo fossi innamorato. Forse l’amore, come la vita, ha diversi strati di comprensione. Forse non lo capiremo mai. Ho letto un milione di poesie e non ne ho mai capito il significato; poi guardo i suoi occhi e quelle parole che mi sembravano tanto belle mi sembrano scritte davvero in un ordine naturale. La poesia è l’ordine dell’amore. Le storie d’amore sono poesie: brevi, forti, criptiche. E’ incomprensibile il metro della poesia, oscuro il significato, inutile la rima, ridicolo il suono che le parole esprimono. Le parole esprimono suoni, come flauti d’oro che cadono dalle nuvole e raccolgono l’aria del cielo dentro il piccolo cilindro forato che fischia note a caso. L’amore è inutile, ma ci porta avanti, senza sosta, dove vuole lui. L’amore è lui, è un’entità strana che non conosciamo ma che percepiamo come “lui”. Strano che la parola amore sia maschile: le muse dell’amore erano donne. Donne, siamo nati per vivere nei loro occhi. Moriremo con le loro immagini nei nostri occhi. Amiamo se viviamo. Viviamo quando amiamo. Senza amore saremmo numeri che passeggiano. Curioso, i numeri passeggiano e prendono il metrò per andare al lavoro e la macchina per fare la spesa. Stai per andare a un matrimonio, giorno di festa; festa d’amore e tu avrai inevitabilmente l’amore da un’altra parte. Forse sarà finito, forse sarà ancora vivo, forse vorresti toglierlo dalla testa, dalla pelle, dalle mani. Siamo assassini di noi stessi: ci uccidiamo d’amore e poi non vorremmo aver lasciato traccia. Sotto la doccia per ora per lavarsi via quelle strane sensazioni sapendo che non funzionerebbe nemmeno tutta l’acqua del mare per farci dimenticare della nostra vita. Ci innamoriamo in fretta come una foglia che cade dall’albero in autunno; se ne sta attaccata dei mesi, poi d’improvviso, silenziosamente, crolla. Forse non cade, ma crolla; come i muri delle case abbandonate. Crolla stancamente senza linfa e scivolando nell’aria verso il basso si rende conto che forse poteva sforzarsi di più, forse poteva spremere ancora un poco quella linfa vitale che l’albero trasmetteva. Ma è tardi. L’amore non ha una scadenza sul retro. L’amore ci investe in un istante e noi ci illudiamo di abituarci a quell’istante quando in realtà dovremmo riconoscere che è solo un attimo passeggero, cadente verso il basso. Ce ne stiamo lì a guardare la nostra vita da fuori come se fossimo amanti di noi stessi che non si mostrano per pudore. Ce ne stiamo fermi delle ore, dei giorni, dei secoli. Siamo fermi ad aspettare che l’amore ci investa per provare ancora una volta quella sensazione di calore onirico che ci permea dal basso. L’umore ha sede nello stomaco (così dicevano i greci antichi) proprio perché è una zona calda della nostra struttura naturale. Già, siamo esseri viventi con strutture fisiche che conosciamo a menadito: dito, braccio, reni, veni, tendini, fegato… ma poi l’amore ci investe e tutta la struttura crolla. Non conosciamo nulla in realtà, proprio nulla. Siamo immersi in un vuoto sensibile che ci addolora e ci rende felice quando si muove dentro di noi. Siamo vuoti, non potremmo essere pieni; se fossimo pieni quando l’amore viene a investirci romperebbe tutto, invece, come spesso accade, l’amore ci investe perché vuoti e senza rompere nulla. Non si rompe nemmeno quel rametto sottile al quale siamo aggrappati come foglie stanche di vivere ma che sentono che il omento non è ancora arrivato. C’è tempo per staccarsi, c’è tempo per l’ultimo brivido di caduta nel vuoto con un corpo vuoto. Per quello le foglie volano nel vento, perché quando cadono sono vuote, piccoli contenitori di vuoto che non fanno altro che scendere lentamente verso la terra. Che cos’è l’amore? Non lo so, ma ho capito che non è vuoto, forse è riempimento momentaneo, forse eterno. Per quale motivo deve finire un amore? Non è forse tutto costante ripetizione? Perché l’amore non può essere costante sensazione di ripetizione? Non lo so, non lo saprò mai. Intanto me ne sto in disparte a leccarmi le ferite provocate dall’amore che mi ha investito; ogni goccia di sangue che asciugo è una lacrima di gioia, ogni graffio è la forma della sua bocca sulla mia pelle. Niente sarà più come prima, niente sarà più. Solo l’amore resterà, ma noi non capiremo nulla neanche stavolta. Che cos’è l’amore?

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